martedì 31 gennaio 2012

I tempi che cambiano


Sembra ormai un bollettino di guerra, migliaia di posti di lavoro persi o a rischio imminente per i trasferimenti di aziende multinazionali francesi americane svizzere giapponesi che negli anni d'oro italiani (per loro) avevano scelto il nostro Paese perché appetibile, perché conveniente per le loro casse.
Le cose sono cambiate, ora i paesi più attraenti sono altri, sono i paesi emergenti dove le richieste da parte di quei popoli crescono e per raggiungere il mitizzato benessere dell'Italia offrono le loro forze lavoro a poco.
Non è forse ciò che accadeva qui da noi a partire dagli anni '50 o giù di lì?
La guerra era finita da poco, la gente aveva perso tutto ed aveva bisogno di tutto, quale terreno più fertile per chi voleva investire i suoi soldi, per chi voleva produrre a basso costo con buoni guadagni? Le proposte salariali erano basse, ma volevamo rialzare subito la testa avere ciò che la pubblicità, subdolamente, ci propinava... la lavatrice, il frigorifero, la televisione, la macchina ed allora mettevamo giù la testa, l'orgoglio, la dignità.

Si lavorava 10, 12, 14 ore al giorno a fronte di paghe irrisorie ma che inizialmente permettevano almeno di dar da mangiare ai figli. Certo non si facevano grandi pranzi ma qualcosa in tavola arrivava. Ci si accontentava di un pugno di riso una patata il pane del latte ma almeno era qualcosa, almeno erano sicuri.
Il boom economico ci ha resi ricchi, in molti casi schizzinosi quasi con la puzza sotto il naso. Piano piano abbiamo iniziato a snobbare quei mestieri che non ritenevamo alla nostra altezza, abbiamo mirato sempre più in alto nell'illusione di poter avere tutto e subito ci siamo sentiti forti del nostro benessere che sembrava non dover finire mai.
Nulla si crea e nulla si distrugge, per un povero c'è sempre un ricco... frasi fatte.
Non proprio.

I tempi cambiano.

Oggi nei Paesi che sono fermi ai nostri vecchi anni '50, dove grazie all'informazione globalizzata hanno però la consapevolezza del resto del mondo che noi non potevamo avere, la forza lavoro e la voglia di riscatto sono forti ed è là che i grandi colossi stranieri... e non solo... guardano per i loro profitti. È la legge del mercato ed a noi rimangono solo le lotte per cercare di mantenere ciò che ci sta sfuggendo come sabbia tra le dita senza poter fare nulla.
Colpa di politiche sbagliate, colpa di scelte sciagurate... o solo colpa di un ciclo che naturalmente termina perché saturo?
Qualcuno diceva: quando tutti avremo la lavatrice cosa faremo? Ecco... ci siamo... in Italia abbiamo avuto la nostra lavatrice e per l'azienda non è più conveniente produrla qui per poi venderla a chi non ce l'ha... meglio chiudere e trasferire la produzione nel nuovo eldorado: Paesi dell'est, India, Cina......
E noi? Noi ci dovremo adeguare, non senza dolore e ferite, fare un passo indietro, accettare contratti di lavoro che ci permetteranno di avere un pugno di riso, una patata, il pane, del latte e magari un biglietto per andare in quei paesi tanto lontani a fare i manovali... torneremo... forse... ad essere noi gli immigrati di qualcun altro... Certo non avremo più valige di cartone legate con lo spago. Saremo firmati dalla testa ai piedi ma arriveremo a testa bassa chiedendo un posto di lavoro ed uno stipendio da sessant'anni fa agli stessi datori di lavoro che oggi ci stanno licenziando e saranno ancora loro, ancora una volta, a far di noi ciò che vorranno! Fino a che la ruota non girerà di uovo e troveranno altri poveracci che vogliono di più... ed il guaio è che li troveranno... ancora ed ancora!

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ernesta