sabato 29 novembre 2008


Poco fa girovagando ho trovato questa notizia:
Reuters - da 7 ore 50 minuti
ROMA (Reuters) - Non si può dire con certezza che un bambino rom di quattro anni, sorpreso a chiedere l'elemosina al fianco della madre, sia stato ridotto in schiavitù, perché la mendicità è molto radicata nella cultura di alcune "comunità etniche", pertanto il confine tra autorità del genitore e abuso è piuttosto labile.
Così la quinta sezione penale della Cassazione ha annullato con rinvio una sentenza di condanna della Corte d'appello di Napoli, che aveva condannato lo scorso gennaio a cinque anni di reclusione una donna per riduzione in schiavitù del figlio di quattro anni, sorpreso a tendere la mano ai passanti per alcune ore con lei accanto.
La suprema corte ha rinviato il caso a nuova decisione, chiedendo ai prossimi giudici d'appello di prendere in esame soltanto il reato di maltrattamenti in famiglia, che prevede una pena inferiore ai cinque anni, riferiscono fonti giudiziarie.
La Cassazione "invita a prestare attenzione alle situazioni reali e a non criminalizzare condotte che rientrino nella tradizione culturale di un popolo", ha scritto nella sentenza.
Secondo i giudici non si può escludere a priori che il reato di riduzione in schiavitù o servitù possa configurarsi anche a carico di un genitore che impieghi i figli nell'accattonaggio, ma tutto questo però deve avvenire "con abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica".
In alcune comunità etniche la richiesta di elemosina costituisce una condizione di vita tradizionale molto radicata nella cultura e mentalità di tali popolazioni". Da questo si deduce che "il confine tra l'uso legittimo dell'autorità e l'abuso appare piuttosto labile".


In effetti ciò che per noi e la nostra cultura può sembrare sbagliato per altri popoli invece è normale vita quotidiana e non concepiscono che possa invece essere non fattibile qui.
Al di là di questo rimane comunque il fatto che il luogo dove deve stare un bimbo di quattro anni non è certo la strada e che la sua attività principale dovrebbe essere quella di crescere giocando, questo ai bambini di tutto il mondo dovrebbe essere garantito ed assicurato sempre.
Questa notizia mi ha fatto tornare indietro nel tempo, a tanti anni fa quando anche in Italia era “normale” che bambini e bambine di 12 – 13 anni andassero a lavorare in fabbrica e bambini ancora più piccoli lavorassero in campagna.
Era la prassi o scuola o lavoro e siccome per la stragrande maggioranza delle famiglie di soldi ce n’erano pochini, terminata la 5° elementare (se non la 3°) si andava a lavorare, non ci si domandava se era giusto o sbagliato... era così nonostante la legge vietasse l’assunzione prima dei 14 o 15 anni.
Tra questi c'ero anch’io, terminate le elementari alla domanda se volevo continuare la scuola risposi di no ... non mi piaceva studiare e poi se non ce l’avessi fatta e la mia famiglia avesse “buttato” via i soldi spesi per me?... meglio andare a lavorare.

Per qualche mese lavorai in una sartoria per abiti da uomo, attaccavo i bottoni alle giacche e la maestra mi sgridava perché diceva che i bottoni si dovevano staccare prima che la giacca fosse vecchia, poi mi insegnarono ad usare la macchina per fare il sorfilo ai pantaloni ma spesso sbagliavo tagliando il tessuto e così il sarto si arrabbiava perché era costretto a modificare quei pantaloni ed usarli per una o due taglie inferiori.
Mi misero a fare gli orli, sempre a macchina... andava un pochino meglio, anche se non sempre riuscivo a regolare il punto della macchina e si vedeva il filo sul dritto della stoffa.. altre sgridate... Un brutto giorno arrivai come al solito e trovai una grande confusione... carabinieri, ambulanza, gente che piangeva... il titolare si era suicidato e lo avevano appena ritrovato, così insieme alla sua vita terminò anche il mio primo lavoro.
Dopo poco tempo la seconda esperienza, forse di un mese, la feci in una lavanderia dove lavorava mio zio e che trattava ristoranti ed alberghi, gli accordi erano che avrei dovuto solo rispondere al telefono ma un giorno mentre mio zio era fuori per le consegne, mi fecero entrare in una grande vasca in cemento dove venivano buttati i sacchetti dei detersivi e da lì dovevo tirarli fuori.
Era estate ed il caldo con l’umidità creata da tutti quei sacchetti bagnati e l’odore fortissimo dei detersivi mi fecero stare male mi tirarono fuori e rianimarono, al ritorno mio zio lo venne a sapere litigò con il titolare e non volle più che andassi lì.

Cominciai a chiedere soprattutto nelle varie piccole aziende che si occupavano del tessile se avevano bisogno di operaie imbrogliando sull'età e, pensando di imbrogliare meglio, anziché l'età davo la data di nascita... solo che invece di dire 1952 dicevo 1954 e mi dicevano di ripassare un paio d'anni dopo.
Arrivò la terza esperienza lavorativa in un’officina metalmeccanica, avevo tredici anni o poco più, era il 2 novembre... perché ricordo così bene la data? perché gli operai scherzavano dicendo che avevo scelto proprio il giorno dei morti per iniziare a lavorare.
Mi piaceva lavorare lì c’erano ragazzi poco più grandi di me, io ero in magazzino e mettevo i prodotti nella scatole, le donne mi trattavano come la “piccolina” e gli operai dell’officina mi schernivano un po’ perché ero mingherlina così non perdevo occasione di dimostrare che ero forte come loro nel sollevare scatole di 50 kg... quanto ero “bambina”... giocavo lavorando... o lavoravo giocando...
Lavorai lì finché non decisi di fare l’infermiera, andai a scuola e recuperai lavorando di giorno e studiando la sera, presi il diploma di terza media, frequentai la scuola per infermieri e presentai domanda di assunzione in ospedale.... ed un primo gennaio, mentre tanti miei coetanei dormivano dopo aver festeggiato l'arrivo del nuovo anno, alle sette del mattino iniziai quella che rimase la mia professione fino al giorno della pensione.
Non mi domandai mai se fosse giusto o sbagliato andare a lavorare così piccola e contribuire alla vita della famiglia... ci andai, perché così era.. così si faceva e quando in azienda arrivavano i controlli della Finanza scappavo a nascondermi nei bagni o su in alto, su una pila di scatoloni... perché essere lì, per me era illegale!

4 commenti:

  1. hai grande coraggio e determinazione, marbe. ho letto il tuo post mentre avevo accanto mia figlia di 12 anni, 2^ media. hai affascinato anche lei, mi ha chiesto di leggerle altre cose. grazie

    ps ha detto che ci assomigliamo, lo spero ;)

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  2. Ciao Ernè!!
    Non solo sei stata una piccola donna coraggiosa, ma sei dotata di un gran talento nello scrivere. Io ci farei un pensierino... ;)
    Winnie (nuovamente su questi schermi)

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  3. Ciao Minu,
    che bello sentire una figlia che dice di assomigliare alla mamma, se lo sente sarà sicuramente così ^_^
    Mi fa anche piacere che le sia piaciuto ciò che ho scritto, quindi sono io che ringrazio lei e te per averglielo letto.
    Un abbraccio a tutte e due smack!

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  4. Ciao Lucia
    bene....!! bentornata, dopo passo a trovarti allora.
    Che sono piccola non c'è alcun dubbio... questa sera preparando la cena mi sono resa conto che il piano della mia cucina è diventato più alto...davvero...quando l'abbiamo costruita era più basso..ihihihih!!
    Grazie :-* per l'apprezzamento per ciò o come scrivo, ma di solito le cose migliori le metto giù quando non ci penso ahahahah!!! :-)))
    A presto carissssima

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